Si narra che questa storia o leggenda sia un fatto
accaduto nella nostra terra in epoca lontana, ma non troppo, quando
l'uomo aveva più consapevolezza dei fatti della natura e del tempo da
lei regolato per tutti gli esseri viventi, egli compreso.
Prolago
Era una mattina presto di inizio estate, poco prima che sorgesse il
sole, quando un giovane messere sul diciottesimo anno chiamato
Fortebraccio , soprannome dato in merito alla robustezza acquisita con
il duro lavoro della terra, si recava al lavoro nei campi del suo
signore. Era il secondo figlio di una povera famiglia di contadini che
abitavano nelle terre del vicino castello di Vinacciano ed era stato
preso come bracciante agricolo da un ricco possidente di Serravalle
Pistoiese , questo per poter guadagnare qualche piccolo denaro o ricevere
qualcosa in cambio per sfamare la propria famiglia. Tutto
dipendeva da ciò che Fortebraccio poteva riportare a casa visto che il padre, o
meglio come veniva e tuttora viene chiamato qui da noi in toscana , il Babbo, aveva una
certa età e diversi altri figli piccoli in carico, mentre la madre anche
lei non più giovane, era
sempre affaccendata fra orti, bestiame, campi e guardare casa propria e
del signore della terra cui erano legati come lavoranti, e per sfortuna dopo l'ultimo parto non
era più stata molto bene di
salute. Il suo figlio primogenito oramai ventenne era stato coscritto e
richiamato dal Comune di appartenenza come soldato in una delle tante
piccole guerre che all'epoca si combattevano tra città per conquistare nuove terre
o difendere duramente i propri possessi comunali.
Dunque il giovane Fortebraccio
aveva tanti e grossi obblighi che il soprannome dato non
bastava a sostenere il peso delle molte incombenze, ma quella mattina era così splendida, luminosa e carica
dei profumi della stagione calda appena iniziata che tutto ciò che era
intorno a lui gli inebriava la
mente ed i sensi, il suo cuore era leggero e i suoi pensieri
volavano alti, in posti mai visitati prima. La bruma mattutina avvolgeva
il suo corpo fino a renderlo una figura irreale in mezzo alla campagna
, quasi fosse diventata una fantastica entità uscita
improvvisamente dalla nebbia formatasi nell'aria circostante. Il lavoro che doveva compiere per il suo signore era
quello di tagliare alcuni acri di terra seminata a grano nelle
vicinanze del paese di Serravalle , non molto distanti dalla località
chiamata dalla gente del luogo "buca delle Fate" , a detta della gente un posto "magico" dove accadevano cose
"molto"strane, contrada dove in quel preciso momento si
apprestava ad arrivare.
L'incanto
Un rumore proveniente da un albero
vicino attirò il suo sguardo: una tortora stava volando intorno alla
pianta come se stesse aspettando qualcosa o qualcuno, poi si posò su un
ramo vicino alla strada percorsa dal giovane e lì incominciò a
cantare… Sì…cantava ma con una melodia di voce di donna, un' aria dolce e lieve, in cui la gioia
era la nota regina di tutta la canzone e le parole di questa si spandevano in tutte
le direzioni. Fortebraccio rimase impressionato da questa cosa e
istintivamente richiamò subito l'attenzione di questo fantastico animale
su di sè. Stranamente la tortorella, obbedendo alla sua richiesta
si posò prima su una delle sue forti spalle e poi da qui a terra dove
appena toccato il suolo si trasformò in una donna bellissima. Una ghirlanda di
fiori era intrecciata nei suoi folti capelli color rosso castano che
incorniciavano il suo viso perfetto con occhi grandi da
cerbiatta e zigomi alti, naso piccolo e delicato perfettamente dritto ed
orecchi piccoli e ben disegnati, sebbene non a punta come alcune fate del
luogo solevano
avere; ma la
cosa che più colpiva era il sorriso, uno stupendo sorriso. Dentro di
esso era racchiusa l’alba e il tramonto, la
primavera e l’inverno, l’estate e l’autunno, la gioia della vita stessa
pienamente vissuta; non era giovane e nemmeno vecchio ma semplicemente
vero, spontaneo ed
irradiava luce e profumo di felicità. Fortebraccio
rimase abbagliato da tale bellezza e ne venne ammaliato, proprio come
accade in un vero incantesimo, da questo particolare sorriso dedicato
solo a lui. rivolgendosi al giovane la fata del sorriso disse di
chiamarsi Fairysmile e
che ella era stata inviata dal consiglio del regno dei Fairy
appositamente per aiutarlo nella sua ricerca.
"Ma quale ricerca",
sbottò il Fortebraccio, "cosa dovrei trovare?" rispose un poco risentito alla bella signora, e continuando disse:
"Non mi sembra di
mancare di niente, a parte un poco di denari salute e fortuna per la mia
famiglia! Niente che non possa procurare con queste mie forti braccia
con
un pizzico di fortuna, astuzia e ingegno!! " La Fata allora ridendo,
molto dolcemente dal profondo del cuore spiegò
al ragazzo che la sua ricerca valeva assai più di quello che lui
in quel momento reputava importante per la sua famiglia e che questa se
ben condotta e compresa nell'intimo del propria anima valeva più di
tutto l'oro e cose preziose che avesse mai potuto possedere."
Semplicemente dovrai trovare il segreto del vero sorriso, quello che aiuta nella
gioia e nella malattia, nel dolore e nelle avversità
, nel tradimento, arrivando a
riuscire persino ad accettare l'abbraccio e il bacio dolce ed amaro della
signora chiamata Morte". "Cosa dovrei fare per carpire questo mistero" domandò Fortebraccio
alla Fata, cercando di capire se la cosa poteva essergli utile e quello
che eventualmente avrebbe dovuto fare e rischiare. "Tu cambierai nome", rispose la Fata del sorriso;
"Tristano ti chiamerai, il cui
significato è uomo triste, questo sarà il tuo nuovo nome fino a quando
non avrai trovato il vero valore del sorriso. Il tuo cammino sarà
attraverso le cose più ignobili e inique della vita: il dolore sarà
il tuo cammino, la guerra sarà il paesaggio su cui ogni
giorno volgerai lo sguardo , la miseria sarà il tuo pane e
l'arsura la tua acqua, la
malattia la tua cura e la morte
tua compagna di viaggio; Ricorda che solo aiutando i più inetti e bisognosi tra gli uomini
riuscirai forse a superare ciò che l'occhio vede ed il corpo sente e forse
ti accorgerai che è la gratitudine del loro sorriso , un semplice gesto per ciò che hai potuto
fare nel dar loro il più umile dei soccorsi quel valore che vai
cercando. Se tu accetti queste prove sarà questo il tuo compito ed il tuo
destino e potrai aiutare veramente chi ami per davvero".
Mentre Fortebraccio rifletteva sulle parole della Fata un improvviso
frullo si alzò nell'aria e la tortora sparì senza lasciar alcuna traccia
insieme alla bellissima Dama che un attimo prima gli stava davanti.
Rimasto solo e con la mente piena delle parole della magica creatura, il
ragazzo si recò sul terreno che doveva lavorare, e lì stette fino a sera
faticando duramente e continuando a pensare a ciò che gli era stato
detto. Il Cuore di Fortebraccio era un cuore molto generoso. Fino da
piccolo si era sempre prodigato ad aiutare le altre persone senza voler chiedere niente in cambio, ma
egli aveva anche un carattere chiuso,
sospettoso nei confronti delle altre persone e questo nasceva
specialmente dal fatto di non voler sopportare il dolore e
la paura dell'essere
abbandonato, sentirsi lasciato da parte, deriso per la propria sensibilità e
timidezza. La strada del ritorno a casa quella sera fu molto lunga,
pensieri tortuosi allungavano i sentieri che di solito facilmente
conducevano al paese ed alla piccola capanna dove abitava.
Rincasò in
silenzio, rivolgendo solo poche parole ai genitori che chiedevano
notizie su come fosse andato il lavoro e se esso era stato ricompensato
a dovere in denari od altre utili cose e non scherzando come solitamente
faceva con i fratelli e sorelline minori cui era molto affezionato
e avrebbe dato qualsiasi cosa per loro. Il pasto della sera fu consumato
in silenzio, una cosa inusuale per questa famiglia, e subito dopo Fortebraccio
disse che non avrebbe partecipato alla consueta veglia serale ( per
fortuna televisione e diavolerie simili allora non esistevano)
dove ci si raccontava i fatti accaduti nella giornata e poi sul tardi si
passava ad antichi racconti che narravano anche di cose
strane, magiche, belle e paurose. Quella sera disse semplicemente di
essere molto stanco e di aver bisogno di dormire per recuperare le forze
per il giorno seguente. Ma quella Notte lui non riuscì a dormire, appena
un accenno di sonno calava sul suo corpo stanco il viso della Fata
appariva di fronte a lui e sentiva le sue parole con una chiarezza come
se ella fosse presente: "Il tuo cuore è come una stella che splende
nella notte. La sua luce è fievole, ma si vede da lontano, è come
un astro distante che sembra emani solo luce fredda, ma
senti il suo calore che ti danza intorno come un turbine
estivo dopo una leggera pioggia, come un fuoco che illumina la notte più
buia".
Passarono alcune settimane e le
condizioni del giovane non cambiarono per niente: il giorno duro lavoro,
mentre la notte passava quasi insonne ripensando alla profezia
della fata. S'imponeva una scelta difficile da fare, molto
importante; valutare e scegliere la cosa giusta da fare era particolarmente difficile. Chi avrebbe
pensato alla sua famiglia una volta che si fosse imbarcato in questa
impresa? Dove questa lo avrebbe portato e infine cosa sarebbe diventato? Il pericolo di perdere tutto e di mettere a repentaglio la
sua stessa vita era reale e presente!Qualcosa però nel suo cuore gli diceva di dover andare,
rischiare tutto quanto, anche la vita se questo poteva essere di aiuto
non solo per i suoi familiari ma anche per tutti gli
altri,indistintamente. Quello era il suo destino e questa cosa se la
sentiva dentro da sempre.
La luna era ancora alta nel cielo e la notte nel suo pieno vigore. Il
silenzio avvolgeva la stanza dove la famiglia dormiva di un sonno
profondo, ristoratore. Allora " Il Tristano" si alzò, senza far
rumore, raccogliendo le poche cose utili al suo viaggio: una bisaccia, un
mantello da pellegrino con cappuccio, un coltello, arco e frecce per
cacciare e poche altre cose necessarie. Non lasciò nemmeno un biglietto
per far sapere ai suoi i motivi del suo viaggio perchè nessuno di loro
sapeva leggere e scrivere. Dispose solo una collana che aveva ricevuto
quando era stato battezzato vicino all'immagine sacra posta sopra la
porta d'ingresso della capanna per far capire che lui sarebbe tornato.
La ricerca
E così il viaggio ebbe inizio, l'uomo triste si trovava però senza
una meta per il suo cammino. Sovvenendo alle parole di Fairysmile
decise di andare a cercare il panorama che lo avrebbe circondato " La
guerra sarà il paesaggio su cui ogni giorno volgerai lo
sguardo", questa era una delle cose cui sarebbe andato incontro. Il
suo pensiero era quello di andare a cercare suo fratello partito in
guerra e se grazie a Dio fosse stato salvo rimandarlo a casa ai
suoi cari ed alla ragazza a cui voleva bene per prenderla in isposa.
La strada fu lunga ed aspra e mano a mano che si avvicinava alla
zona dove si stava combattendo incontrò il dolore: case
distrutte, bruciate, carcasse di animali morti giacevano sparsi
dappertutto per la campagna, donne piangevano con i figli
morti in grembo, vecchi il cui senno era ormai perduto insieme ai loro
pochi averi vagavano senza meta, ed avvicinandosi a lui chiedevano
" perchè? perchè tutto questo?". L'orrore fece varco nel cuore di
Tristano che non riusciva a rispondere a quei poveretti il perchè
di tanta malvagità e devastazione, e barcollando proseguì nell'intento
del suo scopo, riuscire a trovare il fratello.
Una grande battaglia era in atto vicino ad una città fortificata,
nugoli di frecce saettavano così fitte come se vi fosse un temporale
che scaricasse acqua e grandine. Urla di rabbia e di dolore, rumore di
armi che cozzavano fra di loro il tutto immerso in una nuvola di polvere
che copriva
qualsiasi cosa; a malapena ci si poteva vedere per combattere, ma da
vicino si scorgevano i cadaveri dei soldati morti. Fra questi Tristano
incominciò a cercare, stranamente protetto come da una magia dagli
scontri che avvenivano intorno a lui, le frecce ed altri arnesi
di morte non lo toccarono in alcun modo .Continuò ad esplorare ad uno ad uno
i caduti per un tempo infinito, fino a quando giunse la sera ed i
combattimenti cessarono. Sfinito dalla lunga ricerca si coricò vicino ad
un mucchio di corpi esanimi e lì per la fatica si addormentò.
Fece un
sogno strano dove una figura incappucciata in un mantello nero stava
cercando tra le spoglie dei soldati morti frugandoli e prendendo loro
qualcosa da sotto il vestito. Incuriosito Tristano si avvicinò a questo
personaggio, e mentre cercava di guardarlo in faccia esso si girò di
scatto rivelando un armonioso viso di donna: i suoi capelli erano neri e
lucidi, il viso fiero ma dal lineamento leggiadro, gli occhi bellissimi
e luminosi, leggermente a mandorla, di colore scuro come la
tenebra alla fine del crepuscolo ed
incorniciavano un naso perfetto, diritto e delicato, le sue labbra erano
nere come il profondo buio di una notte senza luna , carnose e sensuali
e rapitrici di baci. Sorpreso da simile bellezza
Tristano si fece ancor più vicino e all'istante la figura si tramutò in
un orrendo teschio, nelle cui orbite dove una volta c'erano i suoi occhi
balenavano due fiamme che
sembravano divorarti lo sguardo, la sua bocca era ridotta a due mascelle con
pochi denti sciupati. "Che cosa vai cercando" disse con voce roca la
figura incappucciata fissandolo con le sue braci ardenti, "Chi sei?"
domandò di seguito. Tristano appena vide il cambiamento occorso a questa
figura si ritrasse con senso di spavento e repulsione, ma
intuendo cosa fosse realmente questa entità domandò a sua volta: "
Chi sei tu che
mi vieni vicino e poni tante domande?". Una risata cupa e rauca risuonò
brevemente nella notte, "Chi sono io? Io sono una delle cose più antiche
del creato, nata all'inizio del tutto e forse morirò con la fine del
tutto. Io sono la Morte, quella che miete e raccoglie ciò che è stato in
questo mondo" e proseguì "Io con la mia bellezza ed il mio bacio dono la
fine di tutto ciò che è terreno, dolcemente, poi proseguo in questa altra vera forma a
raccogliere ciò che mi appartiene, il soffio vitale di chi è stato in
vita. Sia che egli fosse onesto, coraggioso o eroe od altrimenti ladro, codardo, vile e traditore,
dovrò consegnare l'anima raccolta di questo mortale a chi dovrà Giudicare il posto
dove egli deve andare, luogo che verrà assegnato in merito della sua condotta
in vita."
Tristano rispose allora senza alcuna paura: " Tu Morte, dolce ed amara
Sposa di noi tutti, Tu forse puoi darmi aiuto". Dopo un attimo di
silenzio ella rispose "Certo, posso aiutarti piccolo messere, ma occorre
che tu mi dia qualcosa in cambio perchè la cosa possa essere equa e come
sempre finire in parità; quando io prendo una vita, un'altra viene a
prenderne il posto. Qui funziona così da sempre". "Io sto cercando
mio fratello che da un anno è partito per questa guerra e non è più
tornato o mandato notizie, tu, sicuramente sai se egli è morto, e se
così non fosse potrò dedicarmi a cercarlo solo nel mondo dei
viventi , in qualsiasi parte possa essere, anche prigione in qualche
città nemica", disse Tristano. "Questa situazione posso
conoscerla", disse la Nera Signora, "aspetta un attimo e tu saprai.
Intanto dimmi come si chiama tuo fratello, ma ricorda che lo scambio di
favori deve esserci, sia che egli sia vivo o morto"." Accetto" disse
l'uomo triste,fornendo le notizie richieste, ed aspettò l'esito della
ricerca. Un istante dopo la Nera Signora
disse "Tuo fratello non è morto ma è stato preso prigioniero ed è molto
malato, in questo momento lo stanno conducendo presso le prigioni della
città nemica. Fai presto perchè egli è in pericolo di vita, ed io in
questo caso passerò da lui a riscuotere il mio dovuto compenso. A
proposito di compensi, tu Uomo Triste come intendi ripagare il mio
favore?". "Il mio cammino potrebbe essere ancora lungo", rispose il
Tristano, "e perciò ti chiedo umilmente di riscuotere il dovuto solo
alla fine della mia ricerca. Esso sarà pari a ciò che Tu mi hai chiesto,
una vita per una morte". "E così sia fatto" disse la Nera Signora
riprendendo le sembianze della splendida donna allontanandosi fra i
morti
sparsi sul campo di battaglia.
Destino
La mattina era già alta quando Tristano si destò dal suo sogno,
gruppi di soldati armati stavano raccogliendo le salme dei soldati morti
in battaglia di entrambi gli schieramenti adagiandoli su carri per
essere portati nei luoghi di sepoltura. La Città era stata presa e si
vedevano le schiere dei soldati vincitori far razzia dei possessi
e delle cose dei poveri abitanti, catturando anche donne e bambini
per prenderli come servi e facendo
prigionieri tutti gli uomini dai 15 anni in su, uccidendo chiunque si
fosse rifiutato di obbedire ai loro voleri .Un forte senso di ripugnanza
avvolse l'intero corpo di Tristano ed una collera cominciò a
salire profondamente dal suo corpo. Tremava come un bimbo impaurito, ma
questo non era dovuto alla paura ma alla rabbia per ciò che vedeva
intorno: inutile violenza verso gli inermi e i vinti, donne e
bambini, vecchi, malati. Le sue braccia presero a muoversi
indipendentemente da ciò che la ragione suggeriva saggiamente di fare in
questi frangenti, nascondersi e fuggire. Si tolse il mantello per avere
movimenti più agili e imbracciò arco e frecce; egli era sempre
stato un buon cacciatore e tiratore, ed incominciò a mirare là
dove vedeva questi oltraggi avvenire sotto i suoi occhi. Due
soldati cercavano di approfittare di una giovane
e bella donna, egli mirò e le due frecce colpirono in pieno il bersaglio
ed i due soldati caddero morti al suolo. In quel
momento Tristano pensò al sogno fatto e disse ad alta voce: " Ecco mia Nera Signora, altre due vite che
aggiungerai al tuo bottino, fai che ad esse venga assegnata la giusta
ricompensa per ciò che stavano facendo". Continuò così a
scagliare frecce fino ad avere la faretra vuota, colpendo chiunque
facesse sopruso a persona o essere vitale inerme.
Più in alto,
vicino alla città, un gruppo di cavalieri vincitori intenti a spartirsi
il bottino s'accorsero che ancora uno osava resistere; e si
domandarono chi fosse quel pazzo! forse l' ultimo rimasto dei soldati
vinti che con arroganza ancora osava sfidare la loro vittoriosa forza? Così essi si gettarono all'assalto di questo meschino
e coraggioso uomo
che in un attimo fu circondato da una mezza dozzina di cavalieri.
Tristano ancora ebbro di rabbia, rimasto senza frecce gettò via il suo
arco e sfilandosi il coltello da caccia dalla cintura cominciò a menar
fendenti agli attaccanti a cavallo, i quali, timorosi dell'accanimento e
della forza con cui combatteva si tenevano lontano dalla portata della
sua ben corta arma. Solo uno di loro, che a vedere dal modo in cui era
vestito e aveva bardato il destriero sembrava un grande comandante, osò sfidarlo, schernendo gli
altri cavalieri intervenuti in questa strana tenzone: " E voi sareste tra
i miei migliori cavalieri, scelti come primi difensori della mia
persona, Signore e padrone di tutte le terre che adesso mi circondano?
Vili!!! Come potete aver paura di un così piccolo uomo armato solo di un
coltello!" e per dar fede alle sue parole si gettò all'attacco del
povero Tristano.
Animato dal gran fervore della battaglia in corso e dotato di
grande agilità oltre che di forza fisica, il giovane Triste ottenne
comunque di schivare l'attacco
e approfittando di una disattenzione dell'attaccante arrivò a prendere
il cavallo dalle briglie facendo di seguito in modo che questo perdesse l'equilibrio
e cadesse al suolo, cosa che gli riuscì in pieno. Il cavaliere che lo montava
,un poco perchè non
si aspettava una simile mossa e sopratutto anche perchè indossava una pesante
armatura, non fu in grado di lanciarsi a terra prima di cadere e così rimase incastrato
sotto il corpo del cavallo, pienamente immobilizzato nei movimenti. Fortebraccio
approfittando del fatto occorso in un attimo fu
sopra al cavaliere e dopo avergli rimosso con forza l'elmo che lo proteggeva gli
scopri il nudo collo puntandogli contro la lama del suo coltello. "
Tu mio
Signore, dici che adesso sei padrone di tutte queste terre e dei suoi abitanti
,
tu puoi decretare qualsivoglia sorte loro, vita o morte che sia,
ricchezza o povertà, schiavitù o libertà, eppure anche tu adesso
dipendi da questo mio
piccolo coltello, il quale può decidere per tutti noi in modo altresì veloce e con la
medesima autorità" disse il Fortebraccio mentre qualche goccia
di sangue cadeva dal piccolo taglio avvenuto a causa della forte pressione del
coltello sul collo del Capitano. Ed egli così rispose: "Tu sei un ragazzo
audace, io
ammiro il tuo valore ed anche la tua sfrontatezza nei riguardi del
pericolo. Sappi però che se anche mi uccidi, altri prenderanno il mio
posto e la prima cosa che faranno sarà quella di porre fine alla tua
coraggiosa vita." . "Ciò è vero", rispose Fortebraccio, "
Ma la vita e
le decisioni prese per il futuro della tua terra saranno a cura di
un' altra persona, non di te stesso; però se reputi che la tua vita sia
sacrificabile per gli interessi ed il bene comune della tua gente,
questo fatto si avvererà ed allora non saremo qui nessuno dei due a
giudicare il fatto accaduto. Veggo tuttavia nei tuoi occhi l' ego e la voglia di potere che
hai e questo ti impedirà di dare siffatto ordine . Vedi,
la
mia vita a differenza della tua può benissimo essere sacrificata per il bene di tutte quelle
persone a cui posso arrecare un poco di aiuto, nessuna voglia
di supremazia verso altri mi lega in alcun modo. Questo
è ciò che il mio cuore chiama e il mio destino aspira al
fatto che esso sia pienamente compiuto".
Al che il Signore disse: " Ho qui di fronte a me un uomo
intelligente, scrutatore di cuori e pure coraggioso
ed onesto. Perla rara in questi tempi dove ognuno vuole solo arrivare ad
una posizione di potere, grande o piccola che sia. Ho una proposta da
farti: io ti aiuterò in tutto ciò che desideri e tu mi lascerai vivo, a
patto di
prendere successivamente servizio nel mio esercito. Sono stato chiamato
a combattere i saraceni in terrasanta dal Santo Padre,
vicario di Cristo, come difensore della fede cristiana ed ho bisogno di
uomini fidati , valorosi e coraggiosi disposti a sopportare il
grave peso di questa guerra che potrebbe protrarsi per lungo tempo."
Aggiunse anche queste altre parole : " Ti avverto di nuovo che questo viaggio sarà
molto rischioso e lungo, partirai ragazzo e tornerai, se questo ti sarà
permesso da nostro Signore Iddio se sei una persona credente, oppure dal
fato se non lo sei, uomo
fatto, non sarai più la stessa persona ed anche il tuo cuore sarà
cambiato"
" Questo è ciò che sono stato incaricato di trovare" disse Tristano. Per me l'accordo può andar
bene ad una condizione: che tu liberi mio fratello che giace
prigioniero nella tua città , curarlo e rimandarlo alla sua casa dai suoi
genitori, fratelli e dalla sua futura sposa. Inoltre dovrai imporre
l'ordine ai tuoi soldati di non portare danno alle persone e cose della
città appena conquistata. Limitati a prenderne solo il suo denaro ed i
suoi tesori, ed io sarò pronto a partire con te per la tua
missione in Terrasanta, lasciandoti adesso salva la vita" . Il cavaliere sorridendo disse "
Nessuno fino a questo momento
non era riuscito a
farmi accettare condizioni così sgradite alla mia persona, come d'altronde nessuno aveva mai avuto in mano la
mia vita come l'hai tu in questo momento. Ho necessità di averti con me
per questa mia nuova dipartita; persone fidate e con il senso
dell'onestà e dell'onore, quindi la
mia parola è favorevole allo scambio e tuo fratello sarà
immediatamente liberato, curato e con salvacondotto scritto di mio pugno
tradotto sano e salvo alla sua famiglia ed alla sua terra."
E così Tristano iniziò il suo lunghissimo viaggio che lo portò a
conoscere quei posti meravigliosi e maledetti di cui si narrava nelle
città e nelle campagne di tutti i paesi della terra chiamata Europa. Trascorsero tanti anni
che egli non si ricordava più quanti essi fossero, sapeva solamente ora
di averne 46 , età molto rispettabile per l'epoca; comunque il suo
fisico ne dimostrava assai meno essendo ancora ben prestante e
nella pienezza delle forze. Adesso era un uomo, la cui vera
bellezza però si notava solo nell'animo. Il suo viso abbronzato era
invecchiato e pieno di rughe per il sole che aveva preso nei deserti
dove era passato e fortemente segnato dalle varie cicatrici
ottenute nelle battaglie dove aveva combattuto. I suoi occhi erano
Grigi come le fitte nebbie invernali della sua terra natia ed avevano
visto così tanti orrori e sangue, distruzione ed insensato e
inutile odio che adesso sembravano appannati quando qualcuno li
scrutava da vicino, come fossero velati da tanto dolore veduto e provato.
"Tristano", pensò l'uomo dagli occhi grigi ed il viso deturpato, "così mi
chiamo. Eppure molti anni prima avevo un altro nome, che adesso
non mi sovviene.... ma.... aspetta! dovrebbe iniziare con
Forte qualcosa.... Fortebraccio!!!!
Ecco, questo era il mio nome. Quanto tempo è trascorso....non ricordo
più nemmeno il proposito per cui sono qui. Tutto quello che so è che
ciò che ho fatto è stato per liberare mio fratello dalla prigione e
rimandarlo sano e salvo alla sua casa ed alle sue famiglie. Adesso sarà sposato e con figli grandi che l'aiuteranno, così da
permettere un certo benessere a tutti i miei familiari. Magari saranno
riusciti pure ad acquistare quel piccolo pezzo di terra al nostro paese
per piantarvi una vigna come era nel loro progetto ed a rendersi un poco
più liberi da tasse e gabelle."
Tristano proseguendo nei suoi pensieri riflettè : "Ma c'era
un'altra ragione molto più importante che mi ha spinto a fare tutto
questo, ma in questo momento mi sfugge, come se tutti questi anni
passati attraverso i combattimenti, le traversie e patimenti che
ho subito
avessero cancellato
la meta essenziale della mia ricerca, compito che tuttavia sento sempre battere forte nel mio
cuore in ogni momento della mia esistenza."
L'ultima Battaglia
Era l'anno 1291, quando alcuni
cristiani attaccarono una carovana siriana provocando la
morte di 19 mercanti musulmani. Il sultano mamelucco
Khalīl (al-Malik al-Ashraf) richiese un risarcimento
per questo incidente. Visto che le sue richieste
rimasero inascoltate, il Sultano decise di porre sotto
assedio San Giovanni d'Acri, ultimo avamposto
crociato in Terra Santa, nel 1291. La città cadde dopo
43 giorni di resistenza. Dopo il massacro di 60.000
prigionieri, Khalīl continuò nella sua conquista della
Palestina, cancellando qualsiasi traccia del dominio
crociato.
Tristano si trovò con l'esercito del suo signore a
difendere la città Fortezza di San Giovanni
d'Acri. Secondo alcune dicerie sembrava che un incidente
fosse stato appositamente provocato per far cadere
l'ultima delle terre conquistate dai crociati
nella sacra terra di Palestina per la difesa dei
pellegrini che volevano visitare dove nostro Signore
Cristo Gesù visse e morì. Altri dissero che fu un
episodio di rapina nei confronti di mercanti musulmani
effettuato da alcuni soldati crociati rinnegati dediti a
questo tipo di razzie. Il
sultano Khalīl però non aspettava che questo pretesto per
metter fine al dominio cristiano sulla Palestina e
approfittando della cose pose quindi subito il suo esercito in marcia per assediare e
conquistare la città. L'esercito di Tristano giunse
qualche settimana prima a difesa della città Santa. Gli
esploratori cristiani mandati in avanscoperta parlavano di un
immenso esercito musulmano che si stava avvicinando alla
città, e che secondo loro le difese della fortezza erano
troppo scarne con le
truppe cittadine a difesa troppo deboli e poco armate rispetto
all'esercito saraceno, nonostante
ulteriori rinforzi giungessero dalle vicine città e per
mare dal
continente europeo. Uno di questi contingenti di truppe
che giungeva dall'Europa era quello di Tristano. Durante
il suo lungo viaggio e i vari combattimenti avuti
per arrivare sino a questa terra, Tristano aveva
ricevuto un addestramento di primo ordine dal signore
che lo aveva arruolato. Adesso sapeva usare ottimamente
la spada e la lancia, cavalcava benissimo sia in torneo che in
battaglia oltre ad avere un indiscutibile maestria con
l'arco e la balestra ed in più aveva affinato le sue
doti di stratega nei combattimenti riuscendo ad
organizzare al meglio le sue truppe per ottenere la
vittoria. Dunque era diventato un perfetto soldato, una
macchina da guerra pronta a colpire chiunque volesse
attaccare i suoi uomini, così egli ormai
chiamava l'esercito del suo padrone che poi era in
realtà il suo esercito, in quanto le truppe
riconoscevano nella sua figura il vero condottiero e
Capitano; leale, sincero, non avrebbe mai
abbandonato i suoi guerrieri alla mercè del nemico fino
alla fine, fino alla sua morte. La mattina seguente
una miriade di armati Saraceni aveva circondato la
fortezza di San Giovanni D'acri. Erano molte decine di
migliaia, fitti come i granelli di sabbia del deserto,
tanti da terrorizzare tutta la popolazione cittadina.
Tristano quel mattino era schierato sul campo di
battaglia nelle prime linee che dovevano attaccare
l'esercito musulmano. Egli faceva parte dei feditori,
ossia i primi cavalieri della cavalleria pesante che si
lanciavano contro la fanteria nemica con lo scopo
di affondare tra le linee dello schieramento
spezzandolo e disperderlo lasciandolo in seguito
alla mercè della propria cavalleria leggera di
riserva posizionata in punti strategici e pronta ad
intervenire. L'attacco fu ordinato prima che il nemico
potesse avvicinarsi alle mura della città e attaccarla
con scale e trabucchi. La cavalleria pesante partì al
galoppo seguita dalla fanteria. I cavalieri feditori
travolsero lo schieramento nemico che inizialmente si
sbandò. Trovarsi di fronte a questi enormi cavalli
corazzati cui nulla poteva essere fatto per essere
fermarti riuscì inizialmente ad incutere panico fra le
truppe saracene, ma i loro capitani, abili conoscitori
delle tecniche di guerra dei crociati e del terreno che
conoscevano benissimo misero subito a punto la tattica
di usare la loro cavalleria, composta da cavalli piccoli
ma agili e molto veloci nei movimenti , riuscendo
così ad
attaccare ai fianchi la cavalleria pesante e ad arrestare la
loro corsa distruttiva; mettendoli in seria difficoltà.
Vista la situazione che volgeva al peggio intervenne la cavalleria leggera crociata
per portare aiuto ai feditori ma il grosso delle truppe saracene
non era era stato spezzato come stabilito dal
piano iniziale e i Crociati si trovarono viceversa
completamente circondati in una morsa che stava per
chiudersi con loro al centro. I saraceni erano una
tale moltitudine che più ne cadevano e più del
doppio dei loro ne arrivava. Il coraggio e il valore
non mancò da ambedue le parti, ma il gruppo di
Tristano era tra quelli più uniti e agguerriti. I
suoi soldati avevano fatto quadrato intorno al loro
capitano e chiunque intendesse arrivare sino a lui
o al loro stendardo veniva abbattuto senza pietà.
Ad un certo momento sembrò che il combattimento volgesse
a loro favore, riuscendo a rompere lo
schieramento per poter ritirarsi in una posizione
più favorevole al combattimento. Tutto questo fu reso
vano per un ulteriore e massiccio afflusso delle forze
nemiche. Cagionarono tuttavia gravi danni
all'esercito saraceno, ma alla fine ne furono travolti.
Combatterono fino all'ultimo dei loro guerrieri, con
coraggio ed ardimento mai visto in quelle terre.
Tristano fu uno degli ultimi a cadere difendendo i
propri uomini come fossero suoi fratelli di
sangue, ed intorno a loro i corpi nemici si
accatastavano come fossero covoni di grano appena
trebbiato. La nebbia avvolse la mente di Tristano quando
un fendente di scimitarra nemico lo colpì alla testa.
Anche se indossava l'elmo l'impatto fu tremendo e ferito
gravemente alla testa perse conoscenza, facendolo sembrava morto. Intorno a Lui i suoi
lottatori vistolo cadere triplicarono le loro forze
per poter spezzare l'assedio e portare in salvo il loro
capitano, ma tutto questo fu invano. Ad uno ad uno
vennero colpiti ora da frecce ora da giavellotti, ma la
maggior parte di loro morì con la spada in mano,
in una lotta corpo a corpo, come si addiceva ad un
vero combattente crociato. Era ormai notte quando tutto finì.
Diecimila fra cavalieri e fanti crociati erano rimasti
morti sul campo, l'assedio della Città era
cominciato. Esso durò 43 giorni fra atti eroici e
tradimenti da parte degli assediati. Alla fine la
fortezza fu persa e con essa morirono oltre 60000
persone fra militari e civili, esclusi i prigionieri.
La Rinascita
Mentre la notte scendeva sul campo i soldati
musulmani raccoglievano i feriti ed i morti di ambedue
le fazioni per portarli allo spedale per essere curati o
alle tombe per essere seppelliti. Era consuetudine
spogliare i morti delle loro cose ormai a loro stessi
inutili per essere riutilizzate in caso di nuove
battaglie. Nel caso dei soldati musulmani questi oggetti
venivano mandati alle loro famiglie, mentre quando si
trattava dei soldati crociati esse venivano prese come
bottino di guerra. Non erano comunque i soli a frugare i
morti, ventate di aria gelida, una stranezza del
clima che in questa stagione calda e torrida non doveva
mostrarsi, avvolgevano e precedevano i soldati che
raccoglievano i morti, e questi sinceramente erano
preoccupati ed intimoriti della cosa, facendosi segni di
benedizione e scongiuri verso il loro Dio, Allah, che li
proteggesse da eventuale malefici.
La gelida Nera Signora
era intenta al suo lavoro e non faceva discriminazione
sull'appartenenza dei soldati morti che rovistava, sia
che fossero cristiani o musulmani. Prendeva ciò che le
era dovuto, donando un bacio che ponesse fine alle loro
sofferenze a chi era agonizzante, l'oblio prima della
fine e chissà, forse il segno di un nuovo inizio. La
Signora, arrivata vicino a Tristano - Fortebraccio
, disse: " Dunque Messere siamo di nuovo ad incontrarci,
e questa volta credo tu voglia saldare il debito
contratto con me in precedenza, ossia una vita per una
morte. In questo caso vedo che la tua anima è
pronta per essere raccattata". Tristano non
rispose, il fuoco della vita che aveva dentro di sè
stava spengendosi, appena ridotto ad una piccola
fiammella che stentava a sollevarsi nell'aria e dare un
minimo di luce. Inaspettatamente una grande luminosità
avvolse il corpo di Tristano e parte del campo di
battaglia che lo circondava impaurendo e facendo
allontanare i soldati intenti a raccogliere i
morti.
Una figura di Donna improvvisamente apparve, bellissima, irradiava
intorno alla sua figura luce e calore, ma
risultava invisibile agli occhi di qualsiasi mortale.
Ella così parlò e disse: "
Nera Signora o Sorella Morte
, non so in quale modo vuoi essere nominata: io sono
Fairysmile,
del popolo dei Fairy,
chiamata anche Fata del Sorriso. La mia venuta
qui, adesso, è per dirti che una
parte dell'anima di questo uomo che tu devi
prendere mi riguarda , e questo è il motivo per cui sono ritornata a
chiederla
senza alcun timore o paura". La Nera signora rispose: "
So bene che voi del popolo fatato o Fairy ,come
preferite farvi chiamare, avete un rapporto molto
particolare con me. Siete immortali per quanto riguarda
malattie e vecchiaia, ma vulnerabili quando io vi
abbracci a causa di morte violenta, oppure per un incidente,
o assassinio
occorsovi ,
o morte avvenuta di seguito ad una
guerra combattuta dal vostro popolo. Conosco
molto bene le arti magiche in vostro possesso e queste
in alcuni casi possono essere talmente potenti da
interferire con il mio lavoro. Dimmi dunque
esattamente quale è la tua richiesta ed il motivo
per cui io dovrei acconsentire ad essa". La Fata
rispose: "Il suo cuore è il motivo per cui tu dovresti
rinunciare a portarlo nei luoghi dell'oblio e del giudicamento.
Esso deve ancora ultimare il suo compito, ed io, Micaela
ho cercato e fatto in modo che questo fosse pienamente
compiuto. Lascia a me la parte chiara del suo cuore, con
la sua bellezza interiore e prendi invece tutto quello
che in questi ultimi 30 anni ha vissuto: rabbia,
odio, vendetta, potere, senso di onnipotenza.
Lascia che il suo cuore rinasca puro come quello di un
bambino, come esso era una volta, in modo che
questo uomo possa conoscere finalmente il valore e il
potere del sorriso, questo ti chiedo, mia Sorella
Morte."
La Nera Signora così rispose: " Ciò che mi
chiedi è una cosa che non è mai stata fatta. Il
Giudicatore esige che l'anima che io porto sia integra,
sia con la parte buona sia con la porzione cattiva. In
questo modo Lui valutando e pesando le
azioni potrà
assegnare il giusto posto che gli spetta nell'altro
mondo. Questo non potrebbe succedere nel caso di questo
uomo, verrebbe pesata solo la parte nera della sua anima
e sarebbe destinato ad un posto che giustamente non gli
spetterebbe. Inoltre nessuno che io conosca può dividere
l'anima scindendola nelle due parti".
Fairysmile rispose: "
Io sono una fata e conosco una magia così forte che
può fare ciò che a te sembra impossibile. Essa si chiama
AMORE ed è una cosa così potente da poter compiere qualsiasi
cosa, ma per renderla pienamente attuabile in casi gravi
come questo essa ha bisogno di essere rinforzata da un
altra potente magia detta SACRIFICIO. Se le due cose
verranno eseguite insieme nello stesso attimo e con la
stessa intensità da una persona od essere fatato legato
a questo uomo intensamente,
la sua anima rimarrà in uno stato di attesa, per essere
giudicata in seguito quando le due parti si saranno
ricongiunte. Io sono disposta a fare questo sacrificio.
Donerò la mia parte immortale affinchè tu possa lasciare
ancora in vita questo Uomo, perchè Io profondamente lo Amo."
"Aimè" rispose la Morte " Accetterei con molto piacere
questa tua ricca offerta, e sebbene io non possegga un
cuore sono allo stesso modo colpita ed onorata del tuo
nobile ed amabile gesto, ma vedi, io non posso prenderti l'immortalità
perchè tale entità sfugge alla mia comprensione. Essendo
Io la Morte posso avere solo ciò che posso
controllare, vederne il passare degli anni, la malattia,
la vecchiaia e poi la fine. Questo purtroppo non è
il tuo caso perchè per te tutto questo non esiste,
e quindi essendo immortale non posso averti. Tranne il caso in
cui la tua morte sia violenta ed a quel punto la tua
invulnerabilità finisce, venendo meno la parte immortale
che fu donata alla tua razza all'inizio del creato" quindi aggiunse " Vale
sempre lo stesso scambio pattuito con questo uomo
chiamato Tristano, una vita per una morte".
Allora la Fata pronunciando le parole che ponevano fine
alla sua esistenza disse "
Prendi Me, Adesso, e lascialo
libero. Questo sacrificio può fargli finalmente capire
il valore del Sorriso e porre fine alla sua travagliata
ricerca ed ottenere il suo prezioso dono da spartire con
il resto degli uomini". La Nera Signora si preparò a
prendere l'anima della fata, ricco e raro bottino anche
per lei, aspettando che Fairysmile ponesse fine alla sua
vita gettandosi di sua volontà da una torre del castello. Ma un
caso
strano intervenne a far ciò che il fatto non
accadesse. Tristano ricordando di essere Fortebraccio
riprese un attimo di quel vigore che il suo nome
portava, e dopo aver ripreso conoscenza ed aver
ascoltato quello che era stato detto fra la Nera Signora
e la Fata parlò a Fairysmile e gli chiese se prima
di vederla morire volesse cantare per Lui un ultima
volta, quella canzone che aveva incatenato il suo
cuore
insieme al Suo sorriso.
Mentre la Fata cantava, Fortebraccio cinse la Nera Signora che
era nelle sue vicinanze in un abbraccio
così stretto che essa non riuscì a
liberarsene. Un sorriso illuminò per la prima volta il suo volto
di uomo e rivolto alla fata disse: "adesso
intendo quello che tu Fairysmile mi volevi far capire: il valore di
un sorriso è pari al valore di una vita perchè il
sorriso è l'essenza della vita stessa. Tu avresti
sacrificato la tua per me, ma ciò non è legittimo,
perchè adesso so che io ti donerò con dolcezza e
profondo sincero amore
quello che tu stavi facendo per me" e detto questo con uno
slancio si gettò dalla rupe più profonda che si trovava
nelle vicinanze.
La Fata vedendo ciò che accadeva provò a fermarlo ma le
fu impossibile arrivare in tempo, e poichè ella era
impegnata a cantare non ebbe modo in
quell' attimo in cui tutto questo successe di poter
usare la magia per fermare la caduta di Fortebraccio.
Scese nello strapiombo disperata e appena arrivata
lo
trovò morto in fondo al burrone, con un dolce sorriso sulle
labbra. Con estremo amore lo lavò con le sue lacrime,
che copiose cadevano sul corpo oramai senza
vita di Fortebraccio, togliendoli così il sangue che era
fuoriuscito a causa della battaglia e della caduta; poi
lo abbracciò e lo baciò all'infinito profumandolo con
tutti gli aromi della
natura che ella sprigionava dalla sua persona; essenze
forti e dolci come lo era stato Fortebraccio , un
poco agre e speziate come lo era stato Tristano nelle
cupe esperienze
del suo viaggio alla ricerca del sorriso.
Uniti per sempre....
Decise di portarlo via di lì, almeno il suo corpo, visto
che la Morte aveva voluto prendere la sua anima. Lo
condusse con se, nel regno dei Fairy ,in un posto
conosciuto solo da se stessa:
A nessuno era permesso
portare senza preciso ordine del Consiglio persone
dell'altro mondo. Fairysmile volle infrangere queste
regole, sapendo che rischiava molto, anche
l'allontanamento e
l'immortalità. L'amore che provava per Fortebraccio era
così grande, oserei dire immenso, che niente più
importava di quello che poteva accaderle.
Lo nascose vicino ad una cascata, l'elemento dell'acqua
era quello che ella aveva sempre amato; compì allora con
la magia un sortilegio che facesse in modo che il corpo
del prediletto non potesse corrompersi come quello
di un mortale ma rimanere integro come nello
stesso momento dell'ultimo addio. E volle eseguire
ancora un incantesimo, così potente da
toglierle per sempre una parte delle sue capacità
fatate, che desse luogo per due volte l'anno, al
solstizio dell'estate ed in quello dell'inverno il
richiamo di Fortebraccio dal regno dei
Morti; dall'inizio dell' alba di quel giorno fino
all' alba del giorno successivo, i due si
sarebbero amati e avrebbero potuto insieme
finalmente godere di quell' amore puro che tanto avevano
cercato ed infine a caro prezzo sempre insieme avevano
conquistato
C'è chi dice di essere entrato in quel mondo dal
passaggio della Buca delle fate e di aver visto vicino
ad una cascata nascosta una statua in cui un uomo
e una bellissima donna stavano abbracciati...
Ma questa è solo una vecchia storia di viandanti
visionari e forse un poco ubriachi ,oppure chissà .. avevano trovato la vera porta
per entrare nel regno della Fantasia.......
|